«L'ha detto quell’influencer. Ha fatto la pubblicità quell’influencer. È il matrimonio di quell’influencer».
Non nascondo che, in un’epoca dove il lavoro è sempre più sporadico e difficile da trovare, mi incuriosisce vedere come alcune persone si inventino degli impieghi sfruttando le proprie peculiarità.
Più scettica mi lascia la figura che si è fatta largo sui social negli ultimi anni: l’INFLUENCER appunto.
Nel lessico del marketing il termine influencer è riferito a tutti quegli individui, con più o meno seguito di pubblico, che hanno la capacità di condizionare i comportamenti d’acquisto dei consumatori in ragione del loro carisma e della loro autorevolezza rispetto a determinate tematiche o aree d’interesse.
Parlando di carisma e capacità di orientare i comportamenti altrui, mi piacerebbe descrivere il potere imitativo che hanno avuto sulle generazioni personaggi come Gandhi, Madre Teresa di Calcutta, Nelson Mandela e Martin Luther King. Giusto per citarne alcuni.
Persone che hanno educato gli esseri umani ad essere umani, che hanno insegnato il rispetto, l’umiltà, l’amore, la carità, l’uguaglianza.
Purtroppo non ritrovo nessuna di queste caratteristiche negli influencer odierni: bellocci e bellocce che raramente parlano, e se lo fanno lasciano intuire di non aver certamente prediletto la scuola nella loro vita. Tutti magri, tatuati e arroganti. Supergriffati, maleducati e spocchiosi.
Fotografati nei locali la sera tardi, spesso decantano sostanze stupefacenti in modo occulto; organizzano a soli 30 anni matrimoni da milioni di euro; affittano isole, paesi e castelli per il loro compleanno; noleggiano aerei di linea per spostarsi da un punto A ad uno B; appaiono alla fine di sfilate di moda accanto allo stilista di turno per pubblicizzare un abito che da solo vale mesi di stipendi degli operai impiegati per produrlo.
Vanno in giro per il mondo a farci vedere quale resort scegliere per le vacanze, dove e cosa mangiare, quali occhiali da sole indossare, il taglio di capelli dell’estate, poi quello dell’autunno, senza dirci che le loro sono solo parrucche; ci suggeriscono il pigiama per ogni stagione, l’outfit per la barca, per una passeggiata a cavallo, per l’aperitivo in spiaggia e per la cena romantica.
Ma questi influencer lo sanno che il loro pubblico è formato per lo più da adolescenti smarriti in cerca d’identità, che lottano ogni giorno nella giungla della vita?
Giovani che combattono con i brufoli, con gli occhiali spessi, con l’apparecchio, con i chili di troppo, con le tette piccole, col bullo di turno. Lottano per sopravvivere nelle famiglie di separati, dove «oggi c’è mamma e domani c’è papà», dove «oggi mi viene a prendere nonna perché mamma sta con il nuovo compagno in vacanza».
Lottano perché hanno scoperto di essere omosessuali e non possono dirlo; lottano perché la loro prima volta è stata un disastro e li ha fatti sentire usati, umiliati e poco attraenti; lottano perché sono vittime di violenze.
Allora mi domando: quale reale capacità carismatica hanno questi individui che vivono un mondo talmente lontano e diverso dal giovane pubblico che li segue?
La verità è un’altra: l’influencer di oggi, che si vende sui social come una prostituta imborghesita, non vince per il suo carisma o per le sue doti particolari, ma incarna esattamente ciò che i giovani di oggi, frustrati ed intrappolati nella rete, vorrebbero essere. Sono come le Barbie negli anni ’80, come il Dylan di Beverly Hills, come il Cabrini della Vecchia Signora. Prototipi.
Solo che oggi con questi modelli possiamo interfacciarci in ogni momento della giornata, rimanendo vittime consenzienti di quello che in psicologia viene definito Brain Washing (lavaggio del cervello).
Non ho sicuramente la presunzione di trovare carnefici in questo avvilente scenario, però mi sento di spendere qualche parola che possa far riflettere.
In un mondo dove si parla di bullismo, cyberbullismo, hikikomori (ultimo fenomeno di disagio giovanile che porta i ragazzi a non uscire più di casa), dove al tg scorrono notizie strazianti di suicidi giovanili, non si dovrebbe dare troppo spazio a persone che rappresentano degli standard fisici ed economici inarrivabili ai più. Modelli che, parallelamente, la società cerca di sfatare. O per lo meno si sforza di farcelo credere.
Questo fenomeno mi ricorda molto la gentilezza di chi, avendo a cuore la nostra salute, ci ricorda che «IL FUMO NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE» aumentando però il prezzo delle sigarette, oppure che «BISOGNA GIOCARE IL GIUSTO» moltiplicando le estrazioni del lotto da una a tre volte la settimana.
Voglio concludere con una frase di un grande che ho menzionato prima tra altri grandi. Questo sì un Influencer, da cui non vorrei mai vaccinarmi.
“Non esiste una libertà lenta. La libertà è come una nascita.
Finché non siamo pienamente liberi, siamo schiavi.
Si nasce tutto in un momento.”
Mahatma Gandhi
Alessia Pavoni
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