In tanti si riempiono oggi la bocca di un termine “strano”, il cui significato rimane ambiguo o poco chiaro: il Burn Out.
Perché parlare di Burn Out? Innanzitutto perché viene considerato a tutti gli effetti come una patologia invalidante. Vediamo insieme di cosa si tratta.
È una sindrome stressogena che colpisce il lavoratore costretto a espletare la propria attività in condizioni di inadeguatezza emotiva.
Inizialmente le categorie che avevano a che fare con clienti esterni sembravano le più colpite; oggi si estende alla maggior parte delle aziende.
L’agire dell’essere umano è orientato da due cardini: il premio e la punizione. Perché da sempre abbiamo bisogno di essere stimolati per dare di più e di essere puniti per azioni socialmente inaccettabili.
Il mercato del lavoro odierno, saturo e stanco ma soprattutto poco meritocratico, ha portato a meccanismi che hanno favorito l’insorgenza del Burn Out.
Molte aziende (come la “buona” tradizione italiana insegna) assumono per raccomandazione e spesso “elargiscono” mansioni prestigiose e/o dirigenziali a gente poco meritevole.
Lasciano che il meno preparato comandi su chi ne sa di più; premiano colui che fa il minimo indispensabile lasciando in ombra chi invece è pronto a dare sempre di più.
È un po’ come se Braveheart, nella guerra contro gli inglesi, avesse schierato davanti gli storpi e gli anziani e solo in ultima fila i più forti e giovani: avrebbe anche potuto vincere, ma avrebbe distrutto buona parte del suo esercito.
Ogni azienda è un esercito, che deve reclutare soldati forti e valorosi, ma soprattutto fidelizzati, affinché continuino sempre a combattere per la propria bandiera, evitando che si vendano al nemico.
Un lavoratore contento darà vita a un cliente contento, renderà buoni profitti, metterà ogni giorno qualcosa di sé in quello che fa rendendo il suo prodotto unico, affidabile, inimitabile.
Ma questo può avvenire solo se chi lavora si sente un anello importante di una catena, e non uno dei tanti intercambiabili.
Sbagliato pensare che le risorse siano tutte uguali: ognuna si distingue per attitudine, inclinazione, predisposizione e competenza e ognuna deve essere valorizzata per ciò che sa fare, non umiliata per ciò che non è in grado di realizzare .
Altresì, le risorse formate sono un capitale inestimabile per un’azienda e non possono essere sostituite da manovalanza a basso costo.
E sapete perché? Provate a comprare un televisore a poco prezzo: penserete di aver risparmiato come vecchi furboni… ma tra due mesi? Il televisore low cost non funzionerà più e quello che per voi sembrava un buon investimento si sarà rivelato uno spreco di soldi.
Il capitale umano sorregge le imprese come le fondamenta sostengono un palazzo, e ricordiamoci che quando c’è un sisma sono sempre i piani più alti quelli a crollare per primi perché più fragili!
Alessia Pavoni
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