ROMA - Una mattinata (finalmente) più che primaverile, un’apprezzabile cornice di pubblico e la solita spolverata di antichità: così Roma ha abbracciato gli 11.725 atleti giunti sul traguardo di via dei Fori Imperiali.
A “maramaldeggiare” nella 24^ edizione della maratona capitolina, neanche a dirlo, sono stati gli atleti africani. La consueta sfida tra Kenya ed Etiopia si è conclusa in perfetta parità.
Tra gli uomini vittoria del keniano Kipchoge Birech (02h08:03). In campo femminile la scena se l’è presa tutta l’etiope Rahma Tusa (02h23:46), capace di centrare il terzo successo consecutivo ed eguagliare il record stabilito dalla connazionale Firehiwot Dado nel triennio 2009-11.
Dietro l’ondata africana, Ahamed Nasef e Paola Salvatori (13^ posizione per entrambi) sono stati i primi italiani a fermare il cronometro.
Tra i protagonisti anche Giorgio Calcaterra, partito per ultimo e autore di una gara in rimonta. L’ultramaratoneta romano ha concluso la sua particolare sfida in 147^ posizione con un tempo effettivo di 2h42:29.
Nonostante il sensibile calo nei numeri (1600 finisher in meno rispetto alla scorsa edizione, oltre 2mila rispetto al 2016), quella di Roma resta l’unica maratona italiana a infrangere la fatidica soglia dei10mila partecipanti.
Un primato tutt’altro che gratificante se paragonato alle cifre registrate annualmente nelle maratone internazionali più importanti. Molte le incognite sul futuro, in virtù del bando, fortemente voluto dal Campidoglio, riguardante l’organizzazione della manifestazione nei prossimi tre anni.
L’obiettivo deve essere quello di far crescere l’evento in modo esponenziale (che tradotto significa quantomeno raddoppiare il numero degli iscritti), sfruttando l’immagine di una città come Roma, capace di offrire un percorso tra i più belli e suggestivi al mondo. Il ritorno economico e turistico di una simile gestione sarebbe evidente.
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