La nascita di un Runner Team a Olevano Romano non poteva prescindere dalla presenza di Alba Milana. L’ex atleta azzurra è, infatti, tra i soci fondatori dell’Asd Olibanum Overrunners.
È un atto dovuto, oltre che un onore, inaugurare questa rubrica dedicata alle interviste con le parole della campionessa olevanese.
Alba raccontaci la sfida che ti appresti ad affrontare nelle vesti di direttore tecnico di questa nuova società. Qual è il tuo progetto?
Innanzitutto voglio ringraziare i ragazzi che mi hanno voluto fortemente in questo team. Era sempre stato un mio sogno creare una società di atletica a Olevano e finalmente, anche se in età avanzata, sono riuscita a realizzarlo, entrando in questa squadra nelle vesti di direttore tecnico. Sicuramente farò del mio meglio per dare consigli ai nostri runner che vedo correre tutti i giorni in quello che è diventato da anni il nostro “campo d’allenamento”. I progetti nell’immediato sono quelli di far crescere questa società nel numero degli iscritti e poi, nel tempo, farci conoscere anche fuori dai confini regionali.
Un movimento, quello del running, che negli ultimi anni ha visto moltiplicare in maniera esponenziale i suoi praticanti. A cosa si deve questo exploit?
Secondo me questa escalation nel numero dei praticanti va rintracciata nel semplice piacere di correre, nel fatto di poter condividere un’esperienza e soprattutto di poter vivere questo sport non come un impegno, ma come un semplice e puro divertimento. Per giunta salutare.
Ma la diffusione capillare in ambito dilettantistico non trova riscontro a livello professionistico, dove l’assenza di risultati di prestigio è allarmante. Quali sono, a tuo avviso, i motivi della crisi dell’atletica italiana?
Le cause sono molteplici. Innanzitutto la mancanza di un ricambio generazionale. Ciò è dovuto anche al fatto che in Italia l’atletica è legata a filo doppio con i gruppi sportivi militari, che lasciano le briciole alle altre società. Per cui ci ritroviamo ad avere giovani, potenzialmente validi, che si trovano le porte sbarrate. Quindi questo sport o lo ami in modo smisurato, tanto da fare sacrifici enormi, anche e soprattutto in termini economici, o lo fai a livello dilettantistico. Ecco spiegati i grandi numeri a livello dilettantistico.
Facciamo un tuffo nel passato. Qual è il tuo ricordo più bello legato al mondo dell’atletica?
L’emozione più intensa è stata sicuramente la mia prima maglia azzurra indossata in un “Cross delle Nazioni”. Qualche anno prima avevo visto alle Olimpiadi di Monaco un nostro conterraneo, Domenico Carpentieri (originario di Bellegra, ndr), nella 50 Km di marcia, e davanti alla tv sognai di indossare anch’io quella maglia azzurra. Ci sono riuscita qualche anno dopo. Quella maglia la conservo gelosamente nel cassetto.
Se potessi tornare indietro quale gara vorresti correre di nuovo?
Senza dubbio la Maratona di New York. È una classica che consiglio a tutti di correre almeno una volta nella vita perché quando arriva la fatica e la testa decide di spegnere le gambe è la gente a bordo strada che ti fa andare avanti. E poi l’entrata a Central Park come potrei dimenticarla! Anche perché l’ho affrontata non con le pressioni di un impegno ufficiale, ma come una sfida. La mia partecipazione alla Maratona di New York ha una storia. Quell’anno, era il 1983, a Helsinki c’era la prima edizione dei Mondiali di Atletica. Purtroppo la gara non andò bene e fui costretta al ritiro. Volevo smettere tanto ero demoralizzata. In un attimo avevo visto svanire tutti i sacrifici fatti durante la preparazione. Ritornai a Olevano e per qualche giorno non uscii neanche di casa. Finché la Federazione mi chiamò e mi disse: “Alba tu devi andare a fare la Maratona di New York”. Io non volevo, ma il mio allenatore insistette tanto. Fatto sta che con la stessa preparazione dei Mondiali arrivai quarta a New York.
Tu sei stata tra le pioniere della maratona al femminile. A Los Angeles ’84 conquistasti uno splendido 12° posto. Che ricordi hai di quell’esperienza?
Un’esperienza grandissima. Con buona pace per de Coubertin, con Paola Moro e Laura Fogli fummo le pioniere italiane della disciplina. Conservo un ricordo bellissimo, soprattutto del villaggio olimpico. Ero insieme a Sara Simeoni, Gabriella Dorio e al mito Pietro Mennea. E svelo un segreto. A distanza di più di trent’anni ho deciso di rendere indelebile quell’esperienza. Ho deciso di tatuarmi i cinque cerchi sul polso.
La storia è piena di atleti leggendari. Quali sono i tuoi preferiti?
Sicuramente a livello italiano Pietro Mennea e Sara Simeoni. Ho avuto il piacere di conoscerli di persona, di allenarmi insieme a loro al CPO di Formia e di condividere l’esperienza olimpica. Ho visto Sara Simeoni saltare i suoi 2 metri e ho visto il suo record mondiale. Ricordo Pietro Mennea allenarsi dietro un motorino e il motorino arrancare.
Una menzione anche per i maratoneti della mia generazione con cui ho avuto il piacere di allenarmi: Gianni Poli, Orlando Pizzolato, Gelindo Bordin. Atleti che hanno scritto la storia di questa disciplina.
A livello internazionale uno su tutti: Carl Lewis. L’ho conosciuto a Los Angeles dove ha vinto ben 4 medaglie d’oro. Ho avuto il piacere di stringergli la mano, io piccola piccola e lui grande grande!
Tocchiamo ora un capitolo spinoso: il doping. L’atletica, come qualsiasi altro sport, non è immune da questa piaga. Un problema che non risparmia nemmeno i dilettanti. Qual è il tuo parere al riguardo?
Un bell’argomento. A mio parere, fuori da qualsiasi ipocrisia, lo fanno tutti. Ma non c’è atleta che possa farlo senza l’aiuto di qualcuno. Non posso sbilanciarmi di più. È un problema evidente. Nell’atletica italiana il caso più eclatante è stato quello di Alex Schwazer, che ha ammesso di aver sbagliato ed è stato lasciato da solo. Anche se da solo, sicuramente, non l’ha fatto.
Un consiglio ai neofiti di questa disciplina sportiva e uno ai runner più navigati.
Per i principianti il consiglio è di approcciarsi a questo splendido sport con cautela, possibilmente allenandosi in gruppo e all’insegna del divertimento. Poi di cimentarsi in piccole gare che possano fungere da stimolo e regalare soddisfazioni. Per gli altri, che già praticano, il mio suggerimento è di dare tutto ciò che possono, affrontando le competizioni con una preparazione adeguata. Riconoscendo i propri limiti e senza l’ossessione del risultato. Perché non bisogna mai perdere di vista l’obiettivo primario, ossia il divertimento.
Per concludere: si vocifera di una tua promessa, fatta in tempi non sospetti, sul fatto di indossare di nuovo le scarpette da corsa per celebrare la nascita della Olibanum Overrunners. Confermi questa indiscrezione?
Potrei anche confermarla. Se però il mio presidente, Christian Milana, trova una gara adatta a me. Perché io, alla mia veneranda età, che ovviamente non svelo, potrei solo fare una camminata veloce. Però un chilometro di corsa ve lo garantisco. Affare fatto.
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